LA MEDITAZIONE
CRISTIANA
di Andrea Schnöller
Un'introduzione alla meditazione cristiana e, insieme, in concomitanza
a essa, un tempo di pratica meditativa, nello spazio di 45 minuti,
sono po' tanto...
E' possibile,
se ci limitiamo ad alcuni accenni essenziali e se la pratica viene
accolta come un assaggio, un'indicazione di cammino, più
che un calarci vero e proprio nella pratica stessa.
L'espressione:
meditazione cristiana, può suscitare oggi qualche perplessità:
esiste una meditazione cristiana?
La meditazione - ha detto qualcuno - non è né cristiana,
né buddhista, né induista, né sufi.
La meditazione è uno stato di coscienza ed è una pratica
che trascende le religioni e i vari movimenti; è senza etichette.
La meditazione è una relazione di amicizia o di amore con
il reale: "Se sei in amore con la realtà, sei in meditazione".
E' una definizione
molto pertinente, soprattutto quando si tiene presente il significato
che attualmente si da, in genere, ai termini meditazione e meditare.
La pratica
meditativa, come in genere viene oggi concepita e vissuta, è
una costante educazione della mente alla presenza che ascolta.
E' presenza nel presente, è consapevolezza, è stare
con le cose così come sono, è educazione al religioso
ascolto del reale, non importa se grande o piccolo, gratificante
o meno, considerato importante dalla nostra mente o di poco conto.
Gli strumenti
utilizzati per educare la mente a quest'attitudine di presenza e
di ascolto sono, in genere, il respiro, il corpo e le sue sensazioni,
l'ambiente attorno a noi con tutto ciò che lo abita, il mantra,
l'osservazione silenziosa di tutto ciò che si affaccia sull'orizzonte
della nostra coscienza.
Tutto questo è al di là di ogni etichetta.
E' un'attività che, sicuramente, esprime un'attitudine religiosa
davanti al reale, ma che è di ognuno, al di là di
qualsiasi appartenenza a questo gruppo piuttosto che a quello.
Si può far notare, a tale riguardo, che k Conferenza Episcopale
Italiana, nel Documento base sulla catechesi afferma che: "Scopo
fondamentale della catechesi è quello di educare la persona
a un atteggiamento di religioso ascolto del reale".
Questa è la base.
A partire da questo atteggiamento si possono poi costruire tante
cose.
Nel contempo, si può dire che, nello snodarsi del tempo,
le diverse tradizioni spirituali presentano non solo approcci diversi
alla meditazione, ma anche diverse concezioni della meditazione
e dell'atto meditativo.
Oggi, queste diversità - di cui si conserva comunque memoria
e, quindi, nei cui confronti si rimane vigili e attenti - tendono
tuttavia a confluire verso concezioni e schemi sempre più
unitari.
La nota dominante di questa nuova impostazione è, appunto,
il silenzio, ossia la presenza nel presente, la consapevolezza,
la presenza che ascolta.
A tale riguardo, occorre dire che l'Oriente ha sempre privilegiato
l'approccio non discorsivo alla meditazione.
La meditazione è al di là dello sforzo riflessivo
della mente.
La meditazione è quiete e silenzio, da cui emerge l'intuizione
o la visione profonda.
Questo non significa che l'Oriente non conosca o trascuri la meditazione
riflessiva.
E' una questione di accentuazioni.
Nel contesto
della tradizione cristiana, invece, l'atto meditativo è soprattutto
un atto anzitutto riflessivo.
Meditare è - come sì esprime ad esempio Francesco
La Combe -un attività per mezzo della quale la mente, con
svariati e devoti pensieri, discorre inte-riormente con intensa
applicazione, cercando stimoli e scrutando i motivi per cui possa
salire a Dio.
La meditazione prepara il terreno all'orazione e poi alla contemplazione.
Nella prima, l'attività discorsiva della mente cede il posto
all'attività del cuore e degli affetti; nella contemplazione,
lascia finalmente spazio al puro silenzio.
Il silenzio sia esteriore che intcriore - inteso soprattutto come
raccoglimento - accompagna senz'altro l'atto meditativo, ma il silenzio
vero e proprio compare solo alla fine, quando la cosiddetta "orazione
mentale" diventa contemplazione.
Lo schema
è quello proposto dal testo medioevale Scala paradisi o Scala
claustra-lium.
È lo schema dell'Orazione mentale, suddivisa in quattro momenti:
la lecita, la meditatio, l'aspiratio o orario e la contemplatio.
La lectio è la lettura del testo sacro.
La meditatio è la riflessione a partire dal messaggio trasmesso
dal testo sacro, l'aspiratio è l'accendersi di sentimenti
corrispondenti al messaggio trasmesso dalla lettura, di gratitudine,
compunzione, lode, ringraziamento, ecc.
La contemplatio è un sereno riposarsi alla presenza di Dìo
o, comunque, un riposarsi sul livello di coscienza raggiunto attraverso
la lectio, la meditatio e l'aspiratio.
La contemplazione, per rifarci a Francesco La Combe, "è
una semplice e spontanea intuizione di Dio e dei misteri divini,
accompagnata da religiosa ammirazione.
E, in altri termini, quel modo di pregare con cui la mente, lasciati
da parte i molteplici e particolari atti con i quali prima cercava
Dio e imposto il silenzio anche alle facoltà interìori
- ossia alla memoria, all'intelletto e alla volontà - con
semplice intuito aderisce a Dio solo e in lui si riposa e gode in
tranquillità di spirito, come in uno stretto abbraccio di
fede e di amore".
Con riferimento alla contemplatio, la meditatio è detta orazione
dei principianti o discorsiva, dal basso latino discurrere, correre
qua e là, alla ricerca appunto di stimoli e motivi per cui
possa salire a Dio.
Ma ripeto:
sono accentuazioni che lasciano spazio ad impostazioni ed esperienze
individuali molto diverse tra di loro, tra le quali figura anche
la pura coltivazione del silenzio.
Un maestro della meditazione e della preghiera che ha avuto un'incidenza
fortissima sul pensiero mistico, sulla preghiera e sulla meditazioni
cristiani, Evagrio Pontico, a esempio, asserisce in modo categorico:
"Quando preghi, taci.
Lascia che sia la preghiera a pregarsi in te".
Di simili affermazioni ne troviamo a iosa lungo tutto l'arco dei
venti secoli di storia cristiana.
L'idea sottostante è che la realtà, e quindi anche
la realtà della nostra mente e della psiche, è abitata
e mossa da un'intelligenza profonda, che è infinitamente
più vasta e funzionale in rapporto alla conoscenza e alla
verità, di quanto non lo sia la mente puramente razionale,
che va rispettata e coltivata, ma che si limita a riflettere e a
ragionare a partire da poche cose, recepite per lo più in
modo confuso e, spesso, condizionato.
Quest'intelligenza profonda è l'intelligenza della mente
intuitiva, a volte detta anche cuore, il quale "ha delle ragioni
che la ragione non comprende".
La meditazione
cristiana può anche essere distìnta da altre tradizioni
meditative in rapporto all'oggetto sul quale la mente e il cuore
si raccolgono in attitudine di religioso ascolto.
E chiaro che oggetto privilegiato di meditazione sono, nella tradizione
cristiana, le verità di fede, l'agire di Dio nella storia,
l'umanità di Gesù, le Scritture.
Come del resto, nella tradizione induista sarà, ad esempio,
la Bhagavad Gita o, nella tradizione buddhista, i discorsi del Buddha.
In questo senso diventa più facile parlare di meditazione
cristiana, induista, buddhista, islamica, ecc.
Tuttavia, in rapporto all'atto meditativo, quest'aspetto appare
piuttosto secondario Ha una certa importanza se si tiene presente
il coinvolgimento affettivo nell'atto, meditativo, ossia l'elemento
devozione.
E noto, ad esempio, che la pratica della preghiera del nome o del
mantra, è coltivata soprattutto all'interno di quelle tradizioni
spirituali che si riferiscono a Dio e al mondo della trascendenza
in termini personalistici.
È meno presente dove si privilegia invece una visione non
teistica della trascendenza.
La distinzione è nota già a Patanjali, il quale comunque
introduce questa distinzione non a partire dai concetti di tradizione
o di cultura, ma dal concetto psicologico e, quindi, con riferimento
a quelle che sono le predisposizioni individuali.
Tutto questo,
e molto altro, fa parte di un itinerario meditativo.
Oggi, comunque, si privilegia soprattutto l'educazione al silenzio,
alla presenza nel presente o presenza mentale, alla consapevolezza,
al silenzio che ascolta.
E penso che non si tratti di una semplice moda.
E' piuttosto un'esigenza.
Siamo frastornati da un cumulo d'impegni, da tante cose da sbrigare,
dai continui ragionamenti che avvengono nelle nostre menti. . .
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Dì conseguenza, quando ci dedichiamo a un lavoro spirituale
che porta in profondità, a cogliere il senso nascosto delle
cose e della vita, avvertiamo soprattutto l'esigenza di spegnere
il motore, di fermarci e di offrire un tranquillo e silenzioso ascolto
a quanto, di momento in momento, costituisce la nostra quotidiana
esperienza di vita.
E' difficile trovare un autore spirituale che non sottolinei, oggi,
questo fondamentale e importante aspetto della nostra vita.
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