L'EDUCAZIONE
DELLA MENTE
di Lama Sherab Gyaltsen Rinpoche Amipa
Lo scopo dell'educazione
della niente è la trasformazione della nostra coscienza.
Possiamo raggiungere questo obiettivo se impariamo a comportarci
in modo corretto, senza avere dubbi e sviluppando rispetto, fede,
amore e compassione.
Se vogliamo praticare seriamente il Dharma, cioè l'insegnamento
di Buddha, non dobbiamo ferire nessun essere senziente, ma al contrario
dobbiamo sforzarci di aiutare tutti.
Ma chi aiuta deve innanzitutto sapere quale è lo scopo del
suo aiuto.
E cioè: confrontarsi con le pene del Samsara per poterle
superare.
E ciò si ottiene se oltre alla conoscenza intellet-
tuale abbiamo sviluppato vera compassione.
La pratica dovrebbe in particolare permetterci di rinunciare al
nostro modo di vita centrato soltanto su noi stessi.
E questo perché l'ego e l'attaccamento sono le sofferenze
più grandi del Samsara e al tempo stesso ne sono la causa.
Buddha, a
Sarnath - nel suo primo insegnamento dopo aver raggiunto FIllumuiazione
-ci ha indicato la via per liberarci del Samsara.
E' l'insegnamento detto delle Quattro Nobili Verità.
LE QUATTRO
NOBILI VERITÀ La prima Nobile Verità è la verità
della sofferenza.
Essa spiega come la vita nel Samsara è sofferenza.
E cioè: anche se ora siamo felici non sappiamo per quanto
lo saremo.
Inoltre
tutti noi siamo soggetti alle sofferenze della nascita, della malattia
e della morte.
Ciò è inevitabile.
La seconda
Nobile Verità è la verità sulla causa della
sofferenza.
In essa Buddha spiega che la nostra sofferenza è dovuta ad
una visione errata della realtà, frutto dell'ego e dell'attaccamento
di cui noi stessi siamo la causa.
La terza Nobile Verità è la verità della cessazione
della sofferenza.
Essa insegna che tutte le nostre sofferenze cesseranno quando avremo
capito che la loro causa è la nostra falsa visione delle
cose e quando vi avremo rinunciato.
La quarta
Nobile Verità è la verità del sentiero per
il superamento della sofferenza.
Per vincere la sofferenza dobbiamo correggere l'errore che ci fa
credere che il nostro ego ed ogni sua manifestazione esistono indipendentemente
da un rapporto di causa ed effetto: dobbiamo cioè capire
che essi non esistono in modo indipendente.
SAMSARA
Se osserviamo la nostra vita, constatiamo che certe cose ci fanno
arrabbiare, che altre non sono come vorremmo che fossero.
Perdiamo persone e cose che ci sono care e non possiamo proteggerci
da cose sgradevoli.
Il tempo toglie attrazione alle cose.
Siamo sempre minacciati dalle malattie, da catastrofi, da atti spiacevoli;
la vecchiaia fa diminuire le nostre
forze e la nostra sensibilità.
Certi uomini diventano chiusi o mentalmente molto limitati.
E poi moriamo.
Questo è
il Samsara: essere imprigionati nelle difficoltà, nelle preoccupazioni,
nelle sofferenze senza fine.
EGO E ATTACCAMENTO
La miseria del Samsara non è causata da qualche entità
misteriosa, ma da noi stessi.
Il male maggiore e la causa fondamentale è il nostro ego.
Ego significa "soltanto io", "io soltanto e nessun
altro".
L'ego si ritiene
sempre al centro del mondo e ritiene che tutto debba essere al suo
solo servizio.
Conosce soltanto sé stesso e non lascia spazio ali "altro.
Vuole impossessarsi di tutto ciò che lo attrae e si difende
da tutto ciò che sente come una minaccia.
Così si formano l'attaccamento e l'odio.
Ma un modo di pensare così limitato crea inevitabilmente
insicurezza perché chi è totalmente cieco agli altri
e pensa solo a sé stesso, vive in un mondo estraneo e minaccioso.
Non può nemmeno sviluppare fiducia in sé stesso.
Di conseguenza è sempre pieno di dubbi e non ha pace intcriore.
Ego, attaccamento
e ignoranza sono perciò le tre malattie-radice di cui tutti
soffriamo.
A noi sembra di soffrire di tanti mali diversi, ma in verità
tutto è il risultato dell'ego.
Per liberarci dalle sofferenze, dobbiamo capire che ci basiamo su
concezioni sbagliate e che siamo sottoposti alla legge di causa
ed effetto.
Il primo passo
da compiere è quello di pensare meno a sé stessi e
più agli altri.
Tra loro e noi non c'è differenza.
Tutti vogliamo raggiungere la gioia ed evitare la sofferenza.
E se pensiamo a quanti sono gli altri rispetto a noi, capiamo che
essi sono più importanti di noi.
Se pensiamo così, possiamo superare il nostro egoismo.
Scopriamo allora un mondo abitato da esseri come noi e scopriamo
in noi stessi la vastità dei pensieri liberatori.
Per questa ragione, uno dei principi del Mahayana è quello
di non praticare solo per sé stessi, ma sempre per il bene
di tutti gli esseri senzienti.
L'ego e l'io
non sono identici.
L'ego, il "soltanto io", può essere definito come
l'essere centrati solo su di sé, l'essere innamorati di sé
stessi.
L'io, invece, è neutrale.
L'io, in noi, è ciò che agisce.
Si preoccupa soltanto di noi stessi se è vittima dell'ego,
oppure si sforza di aiutare gli altri.
Questo io è alla ricerca delTIlluminazione.
Ed è l'io che, all'inizio di ogni Sadhana, manifesta il desiderio
di prati-
IGNORANZA
Ignoranza è il contrario di saggezza.
Ha due aspetti: uno comune e uno particolare.
L'ignoranza comune ci accompagna nella vita quotidiana.
E' causa di innumerevoli sofferenze e difficoltà.
L'ignoranza
particolare significa che la nostra coscienza non è sufficientemente
chiara.
Non abbiamo studiato abbastanza e così non conosciamo i diversi
aspetti del Dharma.
Non
sappiamo osservare e controllare la nostra mente.
I pensieri sono confusi e abbiamo difficoltà a distinguere
tra giusto e sbagliato.
L'ignoranza è scomparsa quando la coscienza non appartiene
più al Samsara.
Allora abbiamo raggiunto la natura di Bodhisattva, che è
totalmente liberata dall'ignoranza.
KARMA
Buddha stesso ha indicato nel karma il risultato di azioni coscienti
compiute nel passato.
Se fatte intenzionalmente, esse sono la causa di gioia e di sofferenze
in questa vita e in quelle future.
Esse sono la causa di rinascita nella sfera del Samsara.
Ci sono due
tipi di karma: virtuoso e non virtuoso.
Ad esempio, se causiamo sofferenza ad un essere ritenuto separato
da noi, questo ha certamente effetti negativi anche su di noi, perché
tutti gli esseri costituiscono una unità.
Solo la nostra ignoranza ci fa pensare che possiamo trarre vantaggio
da azioni malvage contro gli altri.
E se pensiamo che alla fine della nostra vita tutte queste azioni
negative scompaiono, siamo allora nell'ignoranza.
Perché nella prossima vita, a causa di ciò, proveremo
sofferenza e infelicità.
Se invece
abbiamo cercato di aiutare il prossimo nel miglior modo possibile,
ne avremo vantaggio nella prossima esistenza.
Possiamo però anche cambiare il karma.
L'insegnamento di Buddha ci mostra vie e mezzi: come mediante azioni
positive si crea la causa di effetti positivi e come si evitano
quelli negativi.
Possiamo purificare il karma negativo attraverso la rinuncia, l'accumulo
di azioni virtuose e soprattutto mediante esercizi di purificazione
come ad esempio la pratica di Buddha Vajrasattva.
LA COMPASSIONE
PIENA DI AMORE Buddha ci mostra, con il suo insegnamento sulle Quattro
Nobili Verità, la possibilità di modificare la nostra
situazione di confusione.
Chi soffre nello spirito, può attenuare la propria e l'altrui
sofferenza mediante lo sviluppo di una compassione piena di amore.
Ciò significa però che prima di tutto dobbiamo accettare
noi stessi con amore.
Infatti, fintantoché non ci accettiamo, non abbiamo niente
con cui sviluppare la compassione piena di amore o il Bodhicitta.
Il nostro attuale prezioso corpo umano e la nostra preziosa coscienza
sono le sole cose di cui disponiamo per raggiungere l'Il-luminazione.
E soltanto
come essere umano abbiamo questa possibilità.
E nemmeno possiamo modificare ciò che di noi non ci piace,
fintantoché non abbiamo accettato noi stessi.
LA NATURA
DI BUDDHA Se ci risulta difficile accettare noi stessi e gli altri,
dobbiamo allora pensare che abbiamo già in noi la natura
di Buddha.
Nella nostra attuale situazione di ignoranza, non ne siamo ancora
consapevoli.
E l'ignoranza ne è la causa perché siamo sottoposti
alle sofferenze del Samsara.
Se ci prendiamo cura di far crescere il seme della natura di Buddha,
allora spunterà una pianta e poi si svilupperà un
albero.
Svilupperemo la capacità di dedicarci con amore a tutti gli
esseri, di proteggerli perché la crescita della natura di
Buddha risveglia il desiderio in noi di liberare dal Samsara noi
stessi e tutti coloro che ne soffrono.
L'ESERCIZIO
DELLA COMPASSIONE PIENA D'AMORE
Per sviluppare l'amore pieno di compassione, esiste una pratica
specifica.
Durante la meditazione ci concentriamo su di una persona che ci
è vicina.
Di regola è la propria madre, ma possiamo scegliere qualcun
altro che ci ha dato del bene.
Sentiamo in noi la sua sofferenza e sviluppiamo in noi il desiderio
di liberarla.
Per poterne essere davvero capaci, dobbiamo dapprima sviluppare
questo sentimento di compassione per noi, dobbiamo sentirlo nel
nostro corpo.
Soltanto dopo possiamo estenderlo ad altri esseri.
Dopo che abbiamo pensato a nostra madre o ad un'altra persona, sviluppiamo
la compassione piena d'amore anche per i nostri nemici.
Chi vive sempre
con attenzione verso il suo prossimo, ha forse pochi nemici.
Ma poiché inimicizie in questa vita sono legate karmica-mente
alle vite passate, può capitare che qualcuno non ci veda
con simpatia.
La causa sono azioni negative che noi abbiamo fatto contro queste
persone in un'altra vita.
Da esse risultano anche nostri attuali errori di valutazione: si
può perciò dire che i nostri nemici sono utili per
la nostra pratica, perché incontrandoli abbiamo la possibilità
di correggerci.
Per questo motivo dobbiamo rispettare i nostri nemici e praticare
tenendo presenti il Karma ed il Dharma, sviluppando perciò
un amore pieno di compassione.
Nella meditazione diamo ai nostri nemici tutte le virtù ed
i meriti che abbiamo accumulato.
Desideriamo averli come amici e che siano liberi da ogni sofferenza.
Se riusciamo a purificare tutti i nostri sentimenti negativi come
rabbia e ira, allora anche in un mondo ostile non avremo più
nemici.
E questo perché la nostra rabbia è il nemico più
spiacevole.
E non serve nemmeno reprimere la rabbia per paura di perdere i nostri
meriti.
Se sentiamo la rabbia salire in noi, dobbiamo cercare di capirne
la causa, le radici.
Se ciò non ci è possibile perché siamo troppo
adirati, dobbiamo almeno sforzarci di sviluppare in noi, come antidoto,
l'amore pieno di compassione.
Soltanto quando in noi non c'è più rabbia, siamo in
grado di aiutare coloro che hanno bisogno del nostro aiuto.
LA SAGGEZZA
La saggezza è una visione particolare, in sanscrito Vipashyana,
in tibetano Lhag-thong.
E' anche indicata con il termine Sunyata, cioè vacuità;
in tibetano Ton-panyi.
Vacuità non è però da intendersi come vuoto
totale, bensì come assenza di qualcosa.
Con ciò si intende assenza di azioni non virtuose e di disturbi.
Shunyata vuoi
dire visione corretta cioè senza ego, attaccamento e ignoranza.
In questo stato capiamo che il pensiero dell'esistenza di un ego
è sbagliato, poiché tutti i fenomeni sono
privi della qualità di sorgere da se stessi.
Tutto ciò che esiste nel Samsara è il risultato dell'intreccio
di diverse condizioni che sono la causa dell'esistenza di un essere
vivente.
Nulla sorge in modo indipendente, cioè da se stesso, ma tutto
dipende da cause ed effetti che determinano il suo essere ed il
suo divenire.
Se ci troviamo in Shunyata, ciò significa che abbiamo riconosciuto
e capito questa interdipendenza.
E allora la nostra coscienza originaria, libera da ignoranza, può
sorgere in noi.
Si parla anche di luce intcriore della saggezza che distrugge le
tenebre dell'ignoranza.
Per raggiungere questo stato, il nostro compito più importante
è quello di liberarci dai due errori fondamentali e cioè
dall'ego (soltanto io) e dall'attaccamento, poiché essi sono
gli ostacoli più grandi sulla via verso l'illumuiazione.
Chi si concentra su di sé nella prospettiva errata dell'ego,
limita molto il proprio spazio.
Se pensiamo
soltanto a noi la porta della nostra prigione resta chiusa.
Se invece ci apriamo anche agli altri, proveremo luce e gioia.
LA COSCIENZA
La filosofia buddhista conosce diverse manifestazioni della coscienza
e può essere difficile trovare nella terminologia italiana
le parole corrette.
La coscienza
ordinaria in tibetano è designata con Seni.
In essa i nostri desideri e le nostre fantasie mutano ogni pochi
secondi.
Non la possiamo vedere ma sentire.
Ha due condizioni fondamentali.
Da un lato la condizione del Samsara caratterizzata da mancanza
di chiarezza, da confusione: i pensieri corrono avanti e indietro
e non trovano pace.
La coscienza è disturbata, ma è sempre una nostra
parte.
Nello stato del Nirvana vi è invece soltanto chiarezza.
In noi salgono sensazioni di pace e di gioia.
Questa è la natura originaria della nostra coscienza, la
natura di Buddha.
Si può perciò dire che ogni cosa deriva dalla coscienza:,
le virtù, l'amore, la compassione ma anche le non virtù,
l'odio, la sofferenza e l'ignoranza.
Seni è la base, il fondamento prezioso, di cui disponiamo
sempre.
E' la nostra stessa coscienza, chiara e originaria.
Seni esiste senza interruzione e consiste di una mente principale
e di cinquantun fattori mentali.
Questi ultimi
corrispondono alle nostre percezioni soggettive.
La coscienza
principale percepisce la realtà, ad esempio un fiore.
I fattori
della coscienza attribuiscono al fiore, attraverso la nostra percezione,
alcuni elementi di valutazione, come ad esempio la bellezza, il
profumo, ecc.
Da ciò
deriva un sentimento di attaccamento o di non attaccamento o di
neutralità.
Queste sono le tre qualità dei fattori della coscienza.
Taluni ci portano ad un comportamento virtuoso, altri ad uno non
virtuoso, altri ancora ad un comportamento né virtuoso, né
non virtuoso.
Se ora riferiamo quanto appena detto al fiore, ciò significa:
II fiore è bello, lo vogliamo soltanto per noi.
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