L'OMBRA
DELL'UOMO NUOVO
di Selene Calloni
"Solo
quando il grande Tao declina umanità e moralità appaiono"
Tao Te Ching
"Non
lasciare che la prudenza del mondo mormori al tuo orecchio, poiché
è giunta l'ora dell'inatteso, dell'incalcolabile, dell'incommensurabile."
Sri Aurobindo, "The Hour of God"
Una nuova
coscienza si sta manifestando su questo pianeta?
Indubbiamente la vita è una continua spinta evolutiva: la
natura è un immenso sistema non statico, ma che nel corso
dei millenni diviene.
Nell'uomo la capacità spirituale si manifesta come un'accelerazione
del processo evolutivo della natura e tale l'ha definita Sri Aurobindo,
uno dei massimi saggi dell'India moderna, che ha parlato della capacità
di spiritualità dell'uomo come di un'accelerazione dell'evoluzione
naturale della quale l'individuo necessita per realizzarsi
Oggi, a lato della recrudescenza delle guerre e della violenza generale,
pare che si respiri nel mondo un aumentato bisogno di spiritualità.
Se davvero vi è un processo di spiritualizzazione dell'umanità
in atto, allora questo è un processo di accelerazione evolutiva
che potrebbe portare all'avvento di un uomo nuovo.
Un reale cambiamento dello stato della coscienza non può
che essere una trasformazione delle condizioni fisiche di vita sul
pianeta, in effetti non esiste che una sola coscienza: un'unica
vibrazione, o energia, esprime l'esistenza, e tale forza è
ora corpo, ora, mente e ora spirito.
Fino a che non ci sentiremo mutati nel nostro corpo, nel nostro
respiro, nelle nostre funzioni vitali, sensorie e percettive, non
potremo dire che un reale cambiamento dello stato della coscienza
si sia verificato in noi stessi.
Il processo della spiritualizzazione dell'uomo deve scendere fin
nel suo corpo e portare il potere dello spirito, dell'evoluzione,
nella materia, affinché si possa parlare di un reale cambiamento
dello stato della coscienza.
La mente, in effetti, non è uno strumento che serve a conoscere
la realtà, ma è un mezzo per interpretare il reale
e crearne una rappresentazione che è ciò che gli antichi
chiamavano Maya, gli scienziati definiscono paradigma e gli psicologi
mappa del reale. Questa Maya è l'illusione, il sogno a occhi
aperti che tutti vivono quasi sempre identificandolo con la realtà.
Fino a che non mutino le condizioni di vita nella materia, non solo
non possiamo affermare che un reale cambiamento di consapevolezza
sia in atto in noi stessi, ma dobbiamo immaginare che, nel cambiare
delle nostre visioni, la nostra mente stia transitando da un modello
del reale a uno successivo, negando un paradigma per affermare qualche
altro concetto che sarà negato con il procedere degli anni.
La natura, la Dea Madre, rimane fuori da questo gioco della mente,
resta realmente incompresa, temuta e, dunque, aggredita. Tutto ciò
che la mente non riesce a comprendere lo sporca e tende a distruggerlo,
e la mente che non può conoscere il reale, non può
comprendere la natura.
Osservando la situazione del pianeta, non possiamo non renderci
conto che il futuro dell'uomo è innanzitutto la salvezza
dell'habitat naturale.
Abbiamo bisogno di una nuova mente che non interpreti la realtà,
ma la possa amare, e abbiamo urgenza di un nuovo uomo che sappia
inglobare entro i confini della propria pelle i mari e la terra,
gli alberi e le rocce, gli astri e tutte le forme di vita, prima
fra tutte la vita dei propri simili.
Quest'uomo c'era un tempo su questo pianeta, era l'essere primitivo
che non filtrava la percezione della realtà attraverso la
logica, ma la viveva direttamente grazie all'istinto. Questa creatura
era, allora, inconsapevole di sé e del proprio potere, esisteva
a un livello di coscienza indifferenziato. Quest'essere, che non
è mai totalmente scomparso, può ritrovarsi, riconoscersi,
oggi, in una evoluta consapevolezza di sé. L'autoconsapevolezza,
infatti, è una riscoperta di sé che fa seguito all'essersi
perduti: l'affermazione e la realizzazione di sé passano
attraverso il proprio smarrimento e la propria negazione.
L'uomo nuovo è una realtà eterna che non va prodotta
ma ritrovata dentro l'uomo attuale, egli è la nostra scoperta
più naturale, è ciò che resta di noi al cadere
di ogni sforzo per pensare o per fare qualcosa.
In realtà non vi è una nuova coscienza in procinto
di manifestarsi su questo pianeta, poiché la nuova coscienza
è già qui, già fatta, dobbiamo solo accettare
che sia, cessando di opporre resistenza al naturale divenire della
vita.
Poiché nella resistenza alla vita vi è l'origine di
ogni nostra malattia e sofferenza, l'uomo nuovo è la nostra
salute, la nostra beatitudine. Egli è il trionfo di quello
stato d'estasi al quale tutti gli sciamani del mondo ci chiamano
fin dalla notte dei tempi e nei confronti del quale solo l'arroganza
del giudizio mentale ci fa essere prudenti.
Dentro ai nostri nervi due grandi fattori ci inibiscono alla visione
dell'uomo nuovo, l'uno derivato dell'altro: la prudenza e la morale.
La morale è la negazione dell'innocenza, è il grande
ostacolo all'equanimità istintiva che ci può fare
amare la natura in tutte le sue espressioni, anche quelle più
apparentemente crudeli e dolorose. La morale è lo stesso
giudizio mentale che, interpretando l'esistenza, la distrugge.
Ritrovare, nella differenziazione della coscienza, l'equanimità
istintiva è il passo evolutivo fondamentale che abbiamo da
compiere.
Innanzitutto dobbiamo estrarre dai nostri nervi la prudenza e la
morale, perché sono i grandi ostacoli che ci impediscono
di vedere e di amare.
Questa estrazione è la guarigione sciamanica che avviene
in una danza, in un canto intorno al fuoco, nel buio della notte,
complice la luna piena e la natura tutta. La danza sciamanica riunisce
gente di ogni cultura, etnia e religione, in essa si celebra la
verità che è al di là di ogni modello religioso
e culturale, oltre ogni storia e civiltà.
Il nostro bisogno di filtrare la percezione della realtà
attraverso il giudizio mentale nasce dalla paura e dallo smarrimento
della nostra identità con il tutto.
La morale nervosa chiude i nostri circuiti energetici, contrae le
pareti muscolari delle nostre viscere, indurisce e infiamma le nostre
ossa e il nostro sistema nervoso, il quale proietta nello spazio
della nostra esistenza una personalità e una realtà
sofferente che tende a ripetersi all'infinito, ponendoci di fronte
alla difficoltà del cambiamento.
Dalla sofferenza nasce avversione e dall'avversione procede ogni
genere di azione non virtuosa.
Perciò, risvegliati dal lungo sonno della coscienza, evocando
senza paura e sforzo d'analisi i simboli della nostra esperienza
umana, passata, presente, futura, richiamando dalle profondità
dell'anima il senso del sacro e il sentire di quell'uomo che, come
Platone o Abhinavagupta, vedeva gli dei, contemplando il nostro
mondo così com'è, senza speranze e aspettative, senza
giudizi e disperate angosce, forse, come per miracolo, potremo,
anche nell'istante estremo, tutto trasformare.
È nel rapporto che ciascuno di noi ha con se stesso che si
gioca il destino del pianeta, poiché l'esistenza è
l'immagine della nostra anima che si proietta dinnanzi ai nostri
occhi.
L'inquinamento dell'habitat, la perdita di una qualsiasi specie
vegetale o animale sono drammi per la nostra anima e offese alla
nostra libertà.
È necessaria una trasformazione vera del nostro modo di essere
che possa mettere radici in un cambiamento fisico. Questa metamorfosi
prende avvio dalla rivoluzione dei sensi, dalla ribellione nervosa
al condizionamento morale, dall'apertura del respiro che rompe gli
argini dell'indottrinamento e prosegue nel rilassamento del sistema
percettivo il quale, finalmente, può restituirci la capacità
di vedere, sentire, morire, soffrire, gioire, vivere con intensità
ed entusiasmo.
Recuperare l'innocenza e il piacere che abbiamo provato da piccoli
gonfiando il nostro ventre in un profondo, puro respiro, ritrovare
l'universalità e la forza di quel respiro e cogliere l'entusiasmo,
la non violenza e la saggezza che ne accompagnavano il piacere,
è recuperare la capacità di percepire noi stessi con
totale intensità, con assoluta immediatezza, senza filtri
nei nostri sensi, con impeccabile fede nel nostro cuore.
Questo è lo stato ampliato di coscienza al quale possiamo
tendere con la pratica dello yoga e il recupero del senso del sacro
che permea il rito ancestrale nelle tradizioni sciamaniche.
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