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Aurobindo,
Nietzsche e il mito del superuomo
Dott.ssa Selene Calloni
"Io vi dico:
bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella
danzante. Io vi dico: voi avete ancora del caos dentro di voi".
F. Nietzsche "Così parlò Zarathustra",
Milano, Adelphi, 2002, p. 10.
"La logica
è il peggior nemico della verità".
"So che il contrario di quanto dico è vero, ma per ora ciò
che dico è ancor più vero".
Sri Aurobindo "Pensieri e Aforismi", Milano,
Arka, 1985, pp. 10, 356.
In anni non lontani tra loro, in due luoghi del mondo assai distanti,
due uomini parlano del medesimo mito esprimendosi attraverso le medesime
forme: la filosofia e la poesia.
Nietzsche nasce il 15 ottobre del 1844 a Röcken, un paesino nei pressi
di Lützen, Aurobindo nasce il 15 agosto del 1872 a Calcutta, è
di 28 anni più giovane di Nietzsche.
Aurobindo conosce il pensiero di Nietzsche e anche la chiave di lettura
che di quel pensiero dava il nazismo.
Aurobindo è un acerrimo nemico del nazismo e pare voglia riscattare
il mito del superuomo dalla strumentalizzazione finalizzata alla lotta
tra i popoli. Così egli si esprime nel suo aforisma che fa riferimento
allo Zarathustra di Nietzsche:
"Nietzsche ha visto il superuomo come un'anima di leone che esce
dallo stato di cammello; ma il vero emblema araldico e il segno del superuomo
è il leone seduto sul cammello ritto sulla vacca dell'abbondanza.
Se non puoi essere lo schiavo di tutta l'umanità, non sei in grado
di esserne il signore, e se non puoi rendere la tua natura simile alla
vacca dell'abbondanza di Vasishtha affinché l'umanità intera
possa mungere dalle sue mammelle a sazietà, a che vale la tua leonina
superumanità?" Sri Aurobindo "Pensieri
e Aforismi", cit., p. 261-262. (Vasishtha è un celebre rishi
dei tempi vedici: possedeva una vacca, Kamadhenum, che gli forniva tutto
ciò di cui aveva bisogno per sé e per il suo ashram, compreso
gli eserciti per difenderlo).
Aurobindo condivide con Nietzsche la passione per Eraclito e ama a tal
punto il filosofo greco che gli dedicherà uno studio importante.
Negli "Essays on the Gita" Aurobindo dice: "Verrà
certo il giorno in cui l'umanità sarà pronta al regno universale
della pace, ma intanto bisogna accettare il principio della battaglia,
accettare la natura e la funzione dell'uomo come lottatore".
Sri Aurobindo "Lo Yoga della Bhagavad Gîtâ, Roma, Mediterranee,
1999, p. 49.
Quasi per dimostrare che la realtà è il prodotto
dell'immaginazione dei popoli, l'uno, il figlio dell'India che si ritrova
libera e rinasce, divenuto nella sua India massimo saggio, si firma Sri,
il Santo, l'altro, il figlio della Germania decadente, divenuto profeta,
si firma l'anticristo.
Sapremo noi evitare l'abisso virtuale che separa un santo da un anticristo,
oltre che trapassare la vacca di Vasishtha e le diversità di pelle,
di razza, di mito, di linguaggio e tutte le altre caratteristiche opposte
che legano i due?
Se saremo capaci di fare ciò, non potremo non vedere che Aurobindo
Ghosh sviluppa, a partire dai Veda e dai Tantra, una teoria e una prassi
del superuomo che è straordinariamente parallela alla visione del
superuomo di Nietzsche.
Come per i suoi illustri predecessori, Ramakrisna e Vivekananda, anche
per Aurobindo, i Veda servono da ispirazione filosofica, mentre i Tantra
indicano la via della pratica.
"Dobbiamo ascoltare i Veda, ma agire secondo i Tantra", diceva
Sri Ramakrisna.
E a Shiva, il dio che danza e che rivela i Tantra all'umanità,
arriva energicamente Nietzsche con il suo pensiero e con la sua stessa
vita che lo vedrà tramontare nel buio della follia danzando nudo
proprio come un sadu tantrico.
Non sta forse scritto nel Linga Purana che nei Tantra c'è la chiave
della salvezza per l'umanità che vive sul finire del KaliYuga,
l' età dei conflitti, della corruzione, della decadenza, che si
presume essere la nostra epoca?
E per l'uomo contemporaneo che voglia passare attraverso una svolta profonda,
una morte e rinascita, quale mito può mai essere più foriero
di trasformazioni e mutamenti del mito del superuomo?
Per meglio evitare la trappola dell'abisso virtuale tra il tedesco e l'indiano,
tra l'anticristo e il santo, ci è utile immergerci nello yoga tantrico.
In verità, il tantrismo non ha abissi che dividono: è una
rigogliosa pianura selvaggia.
Soprattutto ciò che lega Nietzsche ad Aurobindo sono somiglianze
di respiro, di potenza e di solitudine, di saggezza e di follia, di temperamento,
di tensione rivoluzionaria.
Sri Aurobindo da bambino ha a che fare con una madre che mostra gravi
disturbi psichici, da giovane uomo è illuminista e positivista,
disposto ad accogliere solo quelle conoscenze che possono avere una efficacia
materiale e possono essergli concretamente d'aiuto nella lotta al dominio
britannico sull'India.
Consapevole che il proprio destino non sarà mai quello del padre
di famiglia, Aurobindo così scrive alla moglie diciottenne in una
lettera in cui vuole fare capire alla donna che sarebbe meglio se lei
riuscisse a prendere definitivamente congedo da lui: "Sai cosa
pensa la gente delle idee straordinarie? Pensa che è follia. (
)
Non puoi impedirmi di seguire il mio cammino di follia, non puoi dissuadermi"
Citato in P. Scanziani, "Aurobindo", Elvetica,
1973, p. 54.
Nietzsche, che conoscerà il buio della follia negli ultimi anni
della propria esistenza, da giovane uomo è un colto filologo classico
che critica Socrate per non essere stato abbastanza radicale nel campo
della conoscenza, e apprezza Democrito, il filosofo per il quale "Nulla
esiste, fuorché gli atomi e il vuoto, tutto il resto è ipotesi",
e ci mostra un'immagine fredda del mondo, ove non vi è forma
di antropomorfismo.
Aurobindo rimarrà così fedele alla materia e alla sua legge
che, dopo di lui, il suo yoga non potrà essere chiamato altrimenti
che yoga delle cellule e il suo pensiero verrà definito
un materialismo divino.
Entrambi amano una donna e vogliono farne, per usare le parole stesse
di Nietzsche che confessa le proprie aspirazioni riguardo a Lou Salomé
in una lettera a Malfida von Meysenburg, "una discepola",
"un'erede", "una continuatrice del mio pensiero".
L'uno, il santo (Sri), si dice che ami solo spiritualmente.
L'altro il diavolo, il filosofo autore di un pensiero che, manipolato,
si presta a un'interpretazione filo-nazista e che, poi, re-interpreatato
da una rilettura di sinistra, rimane sempre potenzialmente capace di drogare,
ama, o vorrebbe amare, anche carnalmente.
Il primo riesce, con Mirra Alfassa, detta poi Mère, nei propri
intenti, il secondo, coerente con la legge della dannazione, con Lou Salomé,
non vi riesce.
Il padre di Nietzsche era un prete di campagna. Aurobindo definì
il proprio padre "un ateo terribile!".
Se Aurobindo ispira ai suoi discepoli la devozione che ispirano i santi,
Nietzsche emoziona in modo viscerale, ma è nemico del pathos e
così, come un vero maestro, finisce per sparire dalla scena lasciandoti
a tu per tu con l'emozione vibrante.
Poco più che ventenni, ancora studenti, entrambi cadono da cavallo:
non è un dettaglio trascurabile, ma un episodio che può
svelare un destino o una volontà all'opera.
A causa della sua caduta da cavallo ad Aurobindo viene negata l'ammissione
all'Indian Civil Service e le speranze di suo padre, che voleva
per il figlio una carriera amministrativa alle dipendenze del governo
britannico, vanno in frantumi. La volontà che farà di Aurobindo
un rivoluzionario politico e poi un maestro della rivoluzione interiore
pare già all'opera.
A causa dei dolori dovuti alla ferita allo sterno che riporta in conseguenza
della caduta da cavallo, Nietzsche prende morfina e, sotto l'effetto della
droga, sogna e delira: "Ciò che io temo non è l'orrenda
figura dietro la mia sedia, ma la sua voce; e nemmeno le parole, bensì
il tono terribilmente inarticolato e disumano di questa figura: Già,
se parlasse almeno come parlano gli uomini!". Citato
in R. Safranski "Nietzsche, biografia di un pensiero", Milano,
Lomganesi, 2001, p. 383.
Negli anni, il destino colpisce entrambi agli occhi portandoli a una progressiva
perdita della vista che rende loro difficoltoso il leggere e lo scrivere.
Entrambi, con molta energia, combattono contro la metafisica.
"Colui che disse "Dio è uno spirito" - fece in
passato sulla terra il passo, il balzo più grande verso la miscredenza:
una tale frase non si potrà riparare facilmente sulla terra!"
F. Nietzsche "Così parlò Zarathustra,
cit., p. 366.
"Credo anch'io, amici, che se Dio esiste, è un demone o
un orco. Ma in fin dei conti, che potete farci?" Sri
Aurobindo "Pensieri e Aforismi", cit., p. 356.
La direzione che prendono è verso il basso, giù,
dentro il corpo, la materia, l'atomo, la cellula, verso ciò che
appare freddo, morto, inerme, incosciente ed entrambi, proprio resistendo
immersi nella legge meccanica dell'universo, come in un liquido oltremodo
gelido, faranno la medesima scoperta nell'epoca della loro maturità
intellettuale. A questa scoperta - come a un figlio - essi daranno persino
un nome, lo stesso nome: il superuomo.
Sicuramente entrambi sono influenzati dal darwinismo, eppure entrambi
si rivolgono contro il darwinismo e per la medesima ragione: "Darwin
ha dimenticato (-questo è inglese!) lo spirito", afferma
Nietzsche nel "Crepuscolo degli Idoli".
L'uomo è una creatura consapevole di sé che opera mediante
un potere di volontà cosciente. Dall'uomo in poi l'evoluzione non
può più essere un fatto inconsapevolmente naturale, ma deve
essere la conseguenza di una libera volontà creatrice.
Dall'uomo in poi è l'azione della volontà cosciente di sé
che stabilisce i tempi e i modi dell'evoluzione. Mediante essa l'uomo
può determinare una accelerazione evolutiva.
La natura, infatti, ci spiega Aurobindo, "cerca di realizzare
la sua perfezione lasciando emergere sempre di più le sue potenze
segrete per fondersi nella stessa realtà divina. Nell'uomo, che
ne è la manifestazione pensante, ha per la prima volta ottenuto
su questa terra strumenti coscienti e attivi, atti a realizzare più
radicalmente e più potentemente questo alto destino."
Sri Aurobindo "La sintesi dello Yoga", vol. I, Roma, Ubaldini,
1967, p. 14.
In questa ottica, "i diversi sistemi di yoga non hanno quindi
altro compito che di selezionare o accelerare ciò che la grande
Madre già compie nel suo immenso sforzo ascensionale su larga scala,
ma senza ordine, e con profusione di materiali e di energie, attraverso
un'infinita varietà di combinazioni" Ibid.
Nietzsche e Sri Aurobindo descriveranno quel loro figlio, il superuomo,
con la stessa forza, la stessa passione, la stessa ansia rivoluzionaria,
gli stessi toni profetici.
"Io voglio insegnare agli uomini il senso del loro essere: che
è il superuomo e il fulmine che viene dalla nube oscura uomo"
F. Nietzsche "Così parlò Zarathrustra",
cit, p.14
"L'evoluzione non è terminata; la ragione non è
l'ultima parola della natura, né l'animale raziocinante la sua
forma suprema. Come l'uomo è emerso dall'animale così dall'uomo
emerge il superuomo". Sri Aurobindo "Pensieri
e Aforismi", cit., p. 268.
Il dionisiaco, la gioia, la danza: sono qualità che entrambi attribuiscono
all'esperienza superumana,
Simili persino nell'attenzione posta nell'allontanare i deboli dal loro
cammino e nella consapevolezza di parlare a pochi: essi hanno respirato
la medesima aria rarefatta delle vette, quella che brucia il cervello
degli umani troppo umani.
"Come la vela, tremante per l'impeto dello spirito, va la mia
saggezza sul mare - la mia saggezza selvaggia! Ma voi, servitori del popolo,
voi saggi illustri, - come potreste andare con me!" F.
Nietzsche "Così parlò Zarathustra", cit., p. 118.
"Le discipline che cominciano con la libertà sono fatte
solo per gli esseri forti e naturalmente liberi, o che, in vite anteriori,
hanno gettato le basi della loro libertà".
Sri Aurobindo "Pensieri e Aforismi", cit., p. 268.
Ma la somiglianza più significativa della loro avventura
di pensiero è quella del metodo: la prassi della genesi del superuomo.
Il nichilismo completo di Nietzsche e il surrender di Sri
Aurobindo sono vie parallele, animate dalla stessa aspirazione e capaci
di giungere alla medesima meta: una nuova specie.
E, proprio come dei profeti, dopo avere impiegato molte energie a combattere
la metafisica che separa il corpo dall'anima e la materia dallo spirito,
Nietzsche e Aurobindo giungono a conclusioni che non si possono definire
in altro modo se non metafisiche. Ma si tratta di una metafisica nuova,
che può mostrarci una nuova mente in azione.
Le conclusioni di Nietzsche e Aurobindo, che non concludono il loro pensiero,
anzi lo aprono a ogni possibile sviluppo futuro, non vogliono servire
a spiegare, giustificare, a dare uno scopo o un senso e hanno più
il carattere dei fatti che dei concetti.
L'eterno ritorno dell'uguale di Zarathustra e la vittoria dell'amore
sulla morte di Savitri esprimono il carattere di un uomo fisicamente
trasformato dal proprio surrender o nichilismo attivo o
accettazione attiva di sé, cioè non condizionata
da finalità o ragioni. Ma migliore del termine accettazione
è, forse, in questo caso, la parola assimilazione: ciò
che fa la diversità biologica tra l'uomo e il superuomo è
l'assimilazione cellulare della capacità di amare se stesso incondizionatamente,
capacità che porta l'oltreuomo a poter fare a meno della
morte e del cielo, a desiderare il proprio eterno ritorno sulla
terra.
In un universo di simboli, in un cosmo che è rappresentazione,
abbandonare la volontà, il bisogno o la necessità di morte
significa divenire immortali.
A queste conclusioni Nietsche e Aurobindo giungono dopo un percorso nelle
profondità più fredde e oscure della materia, dove ogni
certezza si perde e qualsiasi cielo viene dissacrato. Entrambi
riemergono dal loro viaggio nel corpo, nella materia, nell'istinto,
come reali pionieri di un nuovo mondo dalle cui distanze, da un certo
punto in poi, essi paiono guardare il mondo dei contemporanei che li circonda
e non li comprende.
L'esperienza estetica di Nietzsche diviene esperienza cosmica in Aurobindo,
quando il filosofo indiano scopre che non può esistere un cambiamento
dello stato della coscienza che non sia parimenti una trasformazione delle
condizioni fisiche dell'essere. Ecco anche perché il mito del superuomo
nietzschiano e aurobindiano sono paragonabili.
Oggigiorno, da più parti, sia dalla parte dei filosofi orientali
che da quella dei pensatori occidentali, si fa strada l'idea che la civiltà
platonico-cristiana sia giunta a un punto oltre il quale le sarà
difficile e penoso perpetuare se stessa. Così viene da chiedersi.
Ci sarà un nuovo Rinascimento?
Nel nostro mondo la materia ha un valore solo in quanto risorsa da sfruttare
e tutti siamo consapevoli del fatto che, se non muteremo il nostro atteggiamento
verso il pianeta, in pochi decenni raggiungeremo la catastrofe ecologica.
Disinnescare il dispositivo di autodistruzione sarà forse possibile
attraverso un cambiamento dell'uomo che possa permette a ciò che
è stato diviso, al corpo e all'anima, alla natura e allo spirito,
di ritrovare la propria unità.
Il percorso segnato dal mito del superuomo è un cammino iniziatico:
è una discesa, non una ascensione, ma una discesa, nel corpo e
nella materia alla scoperta della sorgente dell'immaginazione che chiamiamo
anima.
In un universo in cui la realtà è simbolo e mito, il mito
del superuomo contiene, forse, in sé le caratteristiche per cambiare
la rotta degli eventi e dare all'uomo la possibilità di un nuovo
rapporto con se stesso e con il pianeta.
Per un approfondimento
si veda: Selene Calloni "Il mito
del Supuoruomo", Torino, Magnanelli, 2004.
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